In che periodo
Agosto 2015
La chiamano il Texas italiano, perché oggi l’80 per cento del petrolio estratto in Italia viene da lì.
La Basilicata, con i suoi 575mila abitanti, estrae ogni giorno 85mila barili, con tutte le conseguenze che questo comporta: lavoro, investimenti, ma anche ricchezza per pochi e danni ambientali e salutari probabilmente in larga parte ancora incalcolabili.
In questi ultimi anni la regione sembra essersi presa spazi d’attenzione che prima non le erano riservati, grazie all’idea cinematografica di un coast to coast ma anche per via di inchieste d’approfondimento, indagini e documentari che cercano di approfondire fino a che punto la ricchezza di quel sottosuolo ha creato danni agli abitanti della regione.
Ma è evidente che l’unicità di ciò che scorre sotto la terra lucana si riflette anche al di sopra, in un paesaggio unico, desolato e inconsueto, come non ce ne sono altri in Italia. E se i due mari (Ionio e Tirreno) potrebbero sembrare il fattore attrattivo principale della zona, insieme all’incredibile Matera, in realtà la vera sorpresa la regala l’entroterra, che spazia dalle Dolomiti lucane al Parco del Pollino, passando per laghi e zone semi deserte.
[Giorno 1 | Trasferimento Roma – Basilicata]
Giorno 2 | Litorale Ionico: Metaponto, Scansano Ionico, Policoro [Base Bernalda]
Giorno 3 | Craco, Dolomiti Lucane, Pietrapertosa, Matera [Base Bernalda]
Giorno 4 | Trasferimento Bernalda – Maratea
Tappa: Parco Nazionale del Pollino
Giorno 5 | Maratea
Giorno 6 | Parco Nazionale dell’Appennino Lucano
[Giorno 7 | Trasferimento Basilicata – Roma]
Per arrivare nella parte più orientale della regione, con l’auto si può percorrere la SS96 + la SS655.
Le strade sono veramente ben tenute e per nulla trafficate, come invece ci si aspetterebbe nel sud Italia ad agosto.
Si viaggia bene, costeggiando il confine con la Puglia, circondati da gigantesche pale eoliche.
Per la visitare la parte orientale della regione una base utile può essere Bernalda (o le zone circostanti): posizionata qualche chilometro nell’entroterra rispetto al Lido di Metaponto, è in posizione comoda anche per visitare Matera (dove dormire può risultare piuttosto costoso).
Noi abbiamo piantato la tenda nello spazio che l’Agriturismo S. Marco riserva al campeggio: ben segnalato lungo la strada, si raggiunge percorrendo una strada all’apparenza piuttosto isolata (ma bisognerà farci l’abitudine da queste parti).
Con un comodo parcheggio, piscina e ristorante, l’agriturismo è piuttosto semplice.
Ha a disposizione delle camere, oltre ad uno spazio per tende.
Gli spazi comuni sono essenziali, ma ha il vantaggio di essere estremamente “naturale” (anche se il rumore del traffico di una strada a scorrimento veloce riesce ad arrivare).
La parte della costa del Mar Ionio, rispetto alla media delle coste mediterranee, non colpisce particolarmente, né per il mare (pulito sicuramente, e comunque piacevole, ma in alcun modo indimenticabile), né purtroppo per le cittadine sulla costa.
La zona rischia di subire la vicinanza con la Puglia, da cui è distante solo pochi chilometri; e sicuramente ha bisogno di un po’ di tempo in più rispetto ad una sola giornata di mare per farsi conoscere e apprezzare.
Metaponto offre però un parco archeologico che può rappresentare una buona alternativa.
L’entroterra è la vera ricchezza di questa zona della Basilicata.
È ciò che del viaggio rimane negli occhi, che sembra raccontare meglio questa terra.
Un paesaggio che dal mare attraversa deserti quasi lunari e campagne bruciate, fino ad arrivare a rocce e picchi montuosi.
Partendo da Bernalda (o dalle zone vicine), si può organizzare in giornata un giro che permetta di visitare la città fantasma di Craco, le montagne delle Dolomiti lucane e infine riservare qualche ora a Matera.
Ma mentre inseguite queste tappe, non dimenticatevi di godere dei panorami che incontrerete lungo la via.
Non temete di perdervi e di andare a scoprire, ma fatelo solo dopo aver fatto il pieno di benzina!
Nell’entroterra infatti per chilometri e chilometri rischiate di non incontrare quasi nulla, e soprattutto pochissimi distributori, soprattutto nelle zone meno turistiche. Questa è una regola valida per ogni giro on the road, ma nell’entroterra lucano diventa una necessità (ci è capitato di essere fermati da persone alla ricerca disperata di benzina).
Città fantasma che si alza al centro di una valle di calanchi e ulivi, Craco è stata abitata fin dall’antichità.
Poi nel 1963, a causa di una frana (provocata probabilmente da interventi strutturali), fu completamente evacuata.
Da allora Craco è una delle poche città fantasma d’Italia, sospesa in un’atmosfera surreale, di cui si gode anche arrivando lungo la strada e osservandola dalla lontano. Infatti è vietato entrare da soli nella cittadina: si può solo prenotare una visita guidata (qui il sito del comune con le info) oppure godere dello spettacolo sostando sulla strada.
Il panorama è così suggestivo da aver ispirato da sempre moltissimi film, da Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi, a La passione di Cristo di Mel Gibson, fino al più recente 007 – Quantum of Solace.
Nonostante la “fama” i turisti che arrivano fin qui non sono molti, e se sarete fortunati potrete godervi il panorama nel silenzio e nella solitudine totale.
Da Craco, si può proseguire in direzione delle Dolomiti lucane attraversando strade large e deserte, facendo tappa in uno dei due paesini incastonati tra le rocce: Castelmezzano e Pietrapertosa.
Pietrapertosa è il primo che si incontra sulla strada venendo da sud: si può parcheggiare fuori dal paese e poi passeggiare fra i vicoli fino a raggiungere una lunga scalinata in salita che conduce all’antico castello e a una delle due basi per il famoso Volo dell’angelo (un lancio nel vuoto che attira moltissime persone).
I Sassi di Matera sono indubbiamente unici.
Entrando in città, si incontra prima la zona “nuova”, ricostruita dopo lo sfollamento dei Sassi.
Una città all’apparenza “normale”, della quale ci si domanda l’unicità.
Ma basta seguire le indicazioni o accodarsi al flusso di auto e persone che ogni giorno arrivano a migliaia per ritrovarsi, dopo qualche svolta tra i vicoli, sulla cima di una scarpata bianca.
Non temete di perdere la suggestione di quel momento a causa dell’affollamento turistico. La zona è tanto grande e ha tante strade e vicoli che riuscirete a godervela anche nei periodi di maggior affollamento (se escludiamo le piazze e le chiese più note, prese d’assalto ma comunque imperdibili).
Perdetevi. Girate, salite le scale, scendete tra i vicoli, senza meta.
E fermatevi a guardare la città lì dove riuscite a godere della sua straordinaria posizione ad anfiteatro.
Quell’immagine è la sua ricchezza, soprattutto se osservandola provate a immaginare come doveva apparire quando quei tetti erano veri e propri orti e giardini, irrigati da un complesso sistema di cisterne e vasi comunicanti.
Mappa dal sito isassidimatera.com
I vicinati, costituiti da un insieme di abitazioni che affacciano su uno stesso spiazzo, spesso con il pozzo al centro, erano il modello della vita sociale, della solidarietà e della collaborazione dei Sassi. Il pozzo comune dove si lavavano i panni, il forno dove si impastava il pane facevano del vicinato la cellula fondamentale dell’organizzazione comunitaria. Nelle case, la luce arriva dall’alto come in una casbah nordafricana, e la temperatura è costante a 15 gradi, con la massa termica del tufo marino che funziona da climatizzatore. Se i raggi del sole d’estate, perpendicolari e roventi, rimangono fuori, d’inverno, obliqui, scivolano sul fondo delle grotte. Questo degradare e sovrapporsi di case e casette, è solo apparentemente caotico, perché poi risulta costruito con molti accorgimenti. Ma la discesa nei Sassi è una sorpresa continua. Tra viottoli e gradini si arriva in formidabili complessi monastici scavati nella roccia, Cenobi benedettini e laure bizantine, in cui le celle di monaci si stringono intorno a una chiesa sotterranea. (Wikipedia)
Poi continuate a guardarla, e provate a immaginarla senza più giardini e terrazze, al collasso, con circa 15mila abitanti che vivono in spazi angusti, senza fognature, con le cisterne trasformate in monolocali nei quali convivevano animali e persone, in precarie condizioni di igiene. È così che la trova e la descrive Carlo Levi, quando arriva qui nel 1935 durante il suo confino.
La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone […] Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto […] Le porte erano aperte per il caldo, Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grottesche non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette. […] Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi, Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie [… ] Di bambini ce n’era un’infinità, nudi o coperti di stracci. Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie. Era il tracoma. Sapevo che ce n’era quaggiù: ma vederlo così nel sudiciume e nella miseria è un’altra cosa [… ] E le mosche si posavano sugli occhi e quelli pareva che non le sentissero […] coi visini grinzosi come dei vecchi e scheletrici per la fame: i capelli pieni di pidocchi e di croste […] Sembrava di essere in mezzo ad una città colpita dalla peste… (Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli, Einaudi – 1945)
Anche in conseguenza del racconto di Levi, Matera diventerà simbolo dell’arretratezza e del sottosviluppo del sud Italia; una questione nazionale, affrontata poi sia da Togliatti che da De Gasperi a partire dal 1948, dopo la fine della guerra. Vengono cotruiti nuovo quartieri residenziali e i Sassi diventano inagibili. Resteranno abbandonati per 30 anni.
Poi una legge del 1986 ne finanziò il recupero, che li portò a essere dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Nel 2019 Matera è Capitale europea della cultura.
Tratteggiare la Storia di Matera è necessario a chiunque voglia raccontarla, perché tutti questi strati sovrapposti, questa Storia che si accumula, la floridità e lo sfacelo, l’abbandono e poi il recupero, costituiscono la sua straordinaria bellezza. Mentre si osservano queste piccole celle bianche scavate nella roccia, di ognuna delle quali non si distingue l’inizio e la fine, a colpire più di tutto è l’imprescindibilità del suo vissuto.
Qui non ci sono case sparse, tutto è connesso e intrecciato. Città soffiata dall’interno, città scultura in cui volumi di spazio e di terra si alternano e si equilibrano mirabilmente. Natura e architettura, più natura che architettura, città un tempo più abitata che costruita. Architettura scavata, costruzioni fondate sul levare piuttosto che sull’aggiungere. Intimamente poetiche, dunque. Le case sono fiori di pietra. Case piccole come cellette d’api. Cristalli di tufo. (Franco Arminio, Geografia commossa dell’Italia interna, Bruno Mondadori – 2013)
Se riuscite, rimanete fino al tramonto a godervi lo spettacolo della città che si illumina.
Qui altre istantanee di Matera.
Nel famoso coast to coast dallo Ionio al Tirreno la giornata di trasferimento può essere spesa nel Parco Nazionale del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia.
Se siete amanti del trekking o avete voglia di trascorrere qualche giornata in montagna, potete anche decidere di fare una sosta per dormire e approfittare dei tanti sentieri che si snodano nel Parco.
Se invece avete come obiettivo solo il trasferimento da una costa all’altra, scegliete tra i diversi itinerari da percorrere in macchina, facendo tappa in qualche paesino e tra la natura.
È sicuramente un tragitto lungo, che porta via tutta la giornata, ma che permette di scoprire una montagna inconsueta, che cambia e si modifica a seconda dell’altitudine.
Alla fine, una rapida discesa tra le gole, verso il mare, vi porterà sulla costa di Maratea.
Il piccolo tratto di costa intorno alla cittadina di Maratea è la parte di Basilicata che si affaccia sul Tirreno.
20 chilometri di strada stretta tra Campania e Calabria.
Una Basilicata completamente differente da quella affacciata sul Mar Ionio: affollata, e con la costa a strapiombo su un mare blu intenso.
Una strada serpeggia lungo la costa alta che da un lato scende fino al mare, mentre dall’altro sale formando un monte (Monte San Biagio), dentro il quale è incastonata la cittadina di Maratea.
Lungo la strada ogni tanto sono indicate le discese verso tipiche calette mediterranee.
Bisogna lasciare la macchina lungo la strada, dove però non sono contemplati molti parcheggi (se non si è ospiti di una delle strutture nascoste tra i cespugli, con accesso diretto al mare e spiaggia riservata).
Ma se vi armate di pazienza e vi arrendete all’idea di scendere lunghe gradinate, potrete godere di un mare molto bello.
Tra le spiagge più frequentate, c’è la famosa spiaggia nera (dettaglio in mappa in alto ↑) che ha sia una parte attrezzata che una parte di spiaggia libera.
Per salire al vero e proprio paesino di Maratea bisognerà riprendere la macchina e percorrere qualche chilometro verso l’interno. La cittadina è turistica, e d’estate sicuramente superfrequentata, ma l’atmosfera è molto piacevole, e una passeggiata (magari serale o al tramonto) vale la pena. Percorretela in lungo e in largo, camminando tra i vicoli e cercando qualche punto panoramico da cui godere la splendida vista sul mare.
In tutta la vostra giornata a Maratea, non potrete non notare l’enorme statua bianca del Cristo Redentore che si erge sulla cima del Monte San Biagio. Eretta nel 1965, è alta 21 metri ed è a seconda più grande del mondo (dopo quella di Rio, ovviamente). Per visitarla e godere del punto panoramico, dovrete salire in macchina superando la cittadina di Maratea. In inverno l’accesso è concesso e libero; in estate invece, dato il grande afflusso, si deve lasciare la macchina ad un parcheggio e prendere la navetta che percorre gli ultimi chilometri (il tutto pagando un biglietto). In ogni caso anche la strada per arrivare permette di godere si un bel panorama sulla costa. Qui qualche info in più.
Ci sono tante possibilità di alloggio a Maratea e nei suoi dintorni.
Noi abbiamo piantato la tenda al Villaggio Camping Maratea, un campeggio abbastanza grande che si trova qualche chilometro a sud della cittadina.
Il campeggio somiglia quasi ad un piccolo villaggio, con animazione e molte attività per i bambini, ma è pulito, ben organizzato e ha una spiaggia a cui si accede direttamente, fiancheggiata dalla foce del freddo fiume Noce, che scende dalla montagna e segna il confine naturale tra Basilicata e Calabria. Ha ovviamente un parcheggio riservato e un piccolo minimarket (da usare solo per le emergenze però, perché un po’ caro. Sulla strada per il vicino paese di Castrocucco c’è un supermercato). Piccola segnalazione: il check in è possibile solo dopo una certa ora, vi conviene eventualmente informarvi così da non rimanere troppo in attesa della vostra piazzola.
Se dopo qualche giorno a Maratea avete voglia di staccare un po’ la spina dalla sabbia e dalla folla, un’ottima alternativa la offre (ancora una volta) l’entroterra. Alle spalle di Matera si apre infatti il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano: il paesaggio si trasforma appena lasciata la costa e ci si ritrova immersi in gole verdi e paesini sparsi.
A soli 30 chilometri da Maratea una delle prime tappe che si incontrano è il piccolo Lago Sirino.
Proseguendo, ci si può spingere verso al centro del parco, fino alla stazione sciistica (si, qui si scia) del Monte Sirino, dove il piccolo Lago Laudemio circondati da faggi d’estate ospita pascoli di montagna.
Prima di arrivare in cima, se volete fare una sosta culinaria, lungo la strada c’è l’Agriturismo Valsirino.
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